A meno di due mesi dalle elezioni politiche del 7 giugno, la Turchia sta vivendo uno dei periodi più difficili degli ultimi anni dopo quello delle proteste di Gezi Park. Al sequestro del giudice Mehmet Selim Kiraz, la cui foto con la pistola puntata alla tempia ha fatto il giro del web pochi giorni fa, sono seguiti infatti episodi di violenza che fanno temere per la stabilità del paese. Il gruppo responsabile del sequestro e della successiva morte del procuratore Kiraz, il Dhkp-c (Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo), di ispirazione marxista-leninista, ha compiuto altri attacchi il giorno successivo contro la sede del partito di governo Giustizia e sviluppo (Akp) a Istanbul e contro una stazione di polizia nel cuore della città.

Due uomini armati hanno aperto il fuoco il primo aprile scorso contro il palazzo che ospita il quartier generale della polizia di Istanbul nel distretto di Fatih. La polizia ha poi risposto al fuoco e ucciso uno degli aggressori, una donna appartenente al Dhkp-c armata di tutto punto. Un altro uomo armato, aiutato da un complice secondo alcuni media turchi, invece, ha fatto irruzione la mattina dello stesso giorno nella sede dell’Akp nel quartiere Kartal di Istanbul, nel tentativo di occuparla, ma è stato fermato dalle forze di polizia dopo aver rotto i vetri di alcune finestre e aver appeso una bandiera turca su cui era stata aggiunta l’immagine di una spada. Negli stessi giorni poi sono stati lanciati tre allarmi bomba a bordo di voli diretti o provenienti da aeroporti turchi, mentre il 31 marzo gran parte del paese è rimasta paralizzata da un black-out di diverse ore di cui non si conoscono ancora le cause precise.

Come se tutto questo non bastasse, sabato 4 aprile, un gruppo di persone armate ha attaccato un bus che trasportava i giocatori della squadra di calcio Fenerbahce. Nessun giocatore è stato colpito nell’attacco, avvenuto nei pressi di Trebisonda, ma il conducente è rimasto gravemente ferito e le autorità calcistiche turche hanno decretato la sospensione del campionato di serie A nazionale. Per l’attacco sono state fermate due persone, liberate poco dopo per mancanza di prove. Infine, mercoledì 9 aprile, un gruppo di sconosciuti nella città di Mersin, ha colpito a sassate il pullman di una squadra di pallamano maschile turca, il Besiktas Mogaz.

Probabilmente i due episodi di violenza “sportiva” non sono collegati agli altri, ma testimoniano comunque un clima di tensione che sembra destinato ad aumentare secondo molti osservatori. Il governo, infatti, non intende cedere sul piano della sicurezza e ha adottato recentemente misure “draconiane” che rischiano di innescare nuove proteste. Il premier Ahmet Davutoglu ha annunciato che non saranno consentite proteste non autorizzate “nemmeno per un minuto”, dopo il sequestro avvenuto nel palazzo di Giustizia di Istanbul. Inoltre, le autorità hanno aperto un’inchiesta su alcuni quotidiani e bloccato temporaneamente l’accesso ai siti di Twitter e YouTube per la pubblicazione di una foto del procuratore Kiraz. Le testate sono accusate di fare “propaganda per un’organizzazione terroristica”. La foto, che ritraeva il magistrato con una pistola puntata contro la tempia, era stata diffusa dai sequestratori e pubblicata anche da altri media turchi e dalla stampa internazionale. Il giorno stesso il governo aveva imposto il silenzio stampa sul sequestro del giudice.

La polizia ha anche lanciato una maxi-operazione contro i gruppi di estrema sinistra. Il Dkhp-c, fondato nel 1978, è responsabile di diversi attentati avvenuti negli ultimi anni nel paese, tra cui l’attacco contro l’ambasciata statunitense ad Ankara nel 2013, quando un attentatore suicida si fece esplodere di fronte all’ingresso della sede diplomatica, uccidendo un agente della sicurezza. Considerato un’organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti ed Unione europea, negli anni il Dhkp-c ha colpito funzionari della sicurezza, politici di alto profilo e imprenditori. Secondo diversi osservatori, il Dhkp-c sta raccogliendo il malcontento diffuso nei confronti di un establishment politico che ormai non è più accettato da una parte della popolazione, come hanno rivelato le proteste di Gezi Park iniziate nel maggio 2013. Se a questo aggiungiamo che anche la posizione internazionale del paese è precaria per via delle accuse ad Ankara di “sostenere” i militanti dello Stato islamico in Iraq e in Siria, la situazione appare ancora più confusa.

E non è un caso che il partito di governo, Akp, fondato dall’attuale presidente Recep Tayyip Erdogan, l’uomo forte della Turchia, abbia perso voti negli ultimi tempi. In base a recenti sondaggi, l’Akp ha visto scendere il suo bacino di consenso sotto il 40 per cento, una percentuale che non permetterebbe a Erdogan di portare a termine un progetto cui lavora da tempo, la trasformazione del paese in una repubblica presidenziale “a gestione unilaterale”. Nella nuova legislatura, infatti, il partito Giustizia e sviluppo dovrebbe contare su almeno 400 seggi (dei 550 totali) per far passare la riforma presidenziale. Se le violenze continuano e le risposte del governo sono sempre le stesse, l’Akp rischia proprio di non ottenerli.

G. L. -ilmegafono.org