Acque nuovamente agitate per quanto riguarda il tema trivelle. Si tratta delle recenti autorizzazioni che sono state concesse alla Global Med circa l’attività estrattiva al largo delle coste calabresi. Le associazioni e i comitati No Triv, sia nazionale che regionale, hanno ribadito tutta la loro preoccupazione e il loro dissenso nei confronti di queste potenziali perforazioni nel Mar Ionio, chiedendo al governatore e all’assessore regionale all’Ambiente, Antonella Rizzo, che ha annunciato il ricorso al Tar del Lazio, di sbrigarsi, di chiarire meglio la situazione, per capire chi presenterà questo ricorso e soprattutto per evitare che scadano i termini per la sua presentazione.

La linea di contrasto della Regione Calabria alle trivellazioni nel mar Ionio era stata già stata espressa dall’assessore con la lettera del 16 novembre 2016 indirizzata al ministro Galletti, con la quale era stata richiesta la sospensione delle autorizzazioni concesse e un incontro per decidere come tutelare i nostri mari. Non solo non è giunta nessuna risposta, ma i permessi rilasciati eludono completamente il decreto legislativo 625 del 25 novembre 1996, che vieta espressamente che un singolo gestore possa avere la titolarità di un permesso di ricerca in un’area superiore a 750 kmq.

Il Coordinamento Nazionale No Triv però reputa insufficiente quanto fatto dal governo regionale, rimproverandolo apertamente in una nota: “Ai cannoni ad aria compressa della Global Med, la Regione Calabria ha finora risposto con le lettere dell’assessore all’Ambiente al ministro Franceschini – dichiara Tiziana Medici del Coordinamento Nazionale -. Ai decreti del ministero del Sottosegretario Gentile si risponde con atti amministrativi e ricorsi, non con le lettere”.

“In questa vicenda – aggiunge  l’avv. Francesco Tassone, presidente di M.O. Unione Mediterranea – la Regione Calabria ha molto da farsi perdonare: nel corso del procedimento della Valutazione di Impatto Ambientale avviato nel dicembre 2014 e conclusosi nel 2016, non ha presentato alcuna osservazione contro i progetti petroliferi della Global Med. Per il New York Times la Calabria è tra le prime 50 mete turistiche al mondo che tutti dovrebbero visitare; le trivelle minacciano questo importante primato e la Regione lascia fare ai nuovi colonizzatori”.

L’assessore Rizzo, dal canto suo, ha assicurato che chiederà “a tutti i sindaci dei Comuni costieri interessati all’attività di ricerca di idrocarburi, con l’utilizzo della tecnica air gun, di farsi parte attiva nei ricorsi da proporre al Tar del Lazio, affinché si possa mettere in campo una sinergica azione di contrasto in un braccio di mare che, artificiosamente, al fine di aggirare la norma, appare suddiviso in due porzioni contigue”.

Non rimane, dunque, che passare all’attacco con l’unica arma che forse potrebbe fermare questo ennesimo tentativo di danneggiare le nostre coste: presentare il ricorso al Tar del Lazio, come chiesto a gran voce dei comitati. L’obiettivo è quello di bloccare le attività di esplorazione ed estrazione che potrebbero partire a breve, dopo che il MiSE, a metà dicembre scorso, ha rilasciato due nuovi permessi di ricerca di idrocarburi, nei blocchi denominati “F.R 41.GM” e “F.R 42.GM”.

Queste piattaforme misurano rispettivamente 748,6 kmq e 748,4 kmq, quindi anche se di poco sarebbero a norma di legge, ma sono attaccati e assegnati alla medesima compagnia, la Global Med, che a questo punto avrebbe il permesso di esplorare un tratto di mare grande 1.497 kmq. Sarebbero, dunque, queste le aree oggetto del ricorso al Tar. Ma non finisce qui: la Global Med non contenta, avrebbe chiesto la concessione di un terzo blocco, denominato “d 87 F.R-.GM”, contiguo agli altri e che misura 729,5 kmq. Se gli venisse accordato anche quest’ulteriore permesso, potrebbe effettuare ricerche su una superficie totale di 2.226,5 kmq.

La società, inoltre, pare non sia nuova a questo tipo di strategia, dato che l’ha riproposta altrove, presentando istanza di permesso di ricerca in mare per due ulteriori zone, localizzate a sud di Leuca e anch’esse contigue: la “d 89 F.R-.GM” (di 744,6 kmq) e la “d 90 F.R-.GM” (di 749,1 kmq).

“Consideriamo non più tollerabile che ancora, dopo tanti anni dalla realizzazione dei primi pozzi, manchi una mappatura dello stato dell’arte che sia in grado di stabilire il reale impatto che le trivellazioni hanno sull’ambiente – conclude l’assessore Rizzo –. Per questa ragione ritengo che il rilascio di ulteriori autorizzazioni da parte del Ministero debba cessare in attesa di definizione della situazione e della sua evoluzione, tenendo conto, purtroppo, che già molto danno è stato provocato”. 

Veronica Nicotra -ilmegafono.org