Stefano Cucchi è stato ucciso. Questa è sempre stata una certezza. Per la famiglia e per tutti coloro i quali da subito hanno compreso che quel suo corpo martoriato mostrato in foto parlasse da solo. Adesso l’ipotesi dell’omicidio, finalmente, è ammessa anche dalla magistratura, dopo otto anni e diverse sentenze di assoluzione per agenti e sanitari. Il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e il pm Giovanni Musarò, al termine dell’indagine bis sul caso, accusano tre carabinieri di omicidio preterintenzionale.

La dicitura “tutti assolti” che aveva fatto indignare parte dell’opinione pubblica non è più così granitica, anzi. Stefano Cucchi, ora anche a parere dei magistrati, non si è procurato da solo quelle terribili ecchimosi, lesioni, emorragie, fratture. Non è morto per cause naturali né per stenti. Ma per il pestaggio tremendo subito, con calci, pugni, percosse.

Cucchi è stato massacrato dai carabinieri che lo avevano arrestato e poi è morto, con la complice, successiva negligenza dei sanitari che non lo hanno soccorso come avrebbero dovuto. Questo è quello che sostengono i magistrati nelle loro conclusioni. Le imputazioni dunque sono cambiate: da lesioni aggravate a omicidio preterintenzionale. Così come cambiano quelle di altri soggetti coinvolti, tutti dell’Arma, compreso il comandante della stazione dei carabinieri che eseguirono l’arresto: da falsa testimonianza a calunnia, a cui si aggiunge il reato di falso in verbale d’arresto. Sono cinque, pertanto, le persone chiave: tre accusate per il reato di omicidio preterintenzionale (uno dei tre è accusato anche degli altri reati) e altri due, rispettivamente per la calunnia e per il falso in verbale d’arresto.

Finalmente è caduta la ridicola coltre di ipocrisia e menzogna e si è aperto un varco importante dentro una storia che ha avuto uno sviluppo giudiziario inaccettabile, surreale, oltraggioso. Cucchi, fino a prima della chiusura di questa seconda indagine, per la legge di questo Stato era solo un altro morto inspiegabile. Un ragazzo capace di procurarsi da solo lesioni terribili e dolorosissime, al punto da arrivare ad agonizzare per sei giorni e morire di inedia, rifiutandosi, per chissà quale strano motivo, di ricevere le cure. Tutte le responsabilità, dunque, fino ad ora erano state poste a carico della vittima, in un iter giudiziario che ha fatto gridare allo scandalo, provocando rabbia e indignazione ogni volta che è stata pronunciata una sentenza di assoluzione.

Le lacrime di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, sono cadute copiose ma non hanno fermato l’ostinazione sua e della sua famiglia che finalmente possono sperare in una svolta, in quella giustizia che è sempre mancata. Perché adesso ci sono le basi per un nuovo processo con una impostazione diversa, che si fondi sul principio che Cucchi sia stato selvaggiamente pestato e che ciò abbia poi condotto alla sua morte. Ora c’è la necessità che chi in questi anni ha oltraggiato (e continua a farlo) la memoria di questo ragazzo e il dolore della sua famiglia, dai banchi delle istituzioni così come dentro sindacati e corpi di polizia, taccia. E taccia sul serio. Rispetti quella stessa giustizia che, spesso a sproposito, ha invocato e per la quale ha chiesto rispetto dinnanzi alle sentenze di assoluzione.

E c’è anche la necessità che, invece, chi ha il dovere di tutelare i cittadini e isolare i violenti, prenda la giusta posizione, si metta realmente a disposizione della giustizia collaborando e lasciando che le responsabilità indicate vengano accertate dai giudici.

Condividiamo l’appello di Ilaria Cucchi, lanciato sulla sua pagina facebook e indirizzato al generale Del Sette, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, poche ore dopo la notizia di conclusione delle indagini: “Io non accuso l’Arma dei Carabinieri. Io nutro profondo rispetto per questa Istituzione. Ora, Generale Del Sette, io voglio qui manifestarle il mio più grande rispetto nei confronti di ciò che Lei rappresenta. Ora mi aspetto che l’Arma isoli questi individui che tentano di nascondersi dietro una divisa che merita ben più rispetto. Ora mi aspetto di avere l’Arma costituita parte civile affianco alla mia famiglia contro coloro che hanno cosi mancato di rispetto all’Istituzione che Lei, Generale, rappresenta.e, soprattutto, a noi cittadini. Vi aspetto affianco a noi come è giusto che sia”.

Apprezziamo la risposta data poche ore dopo dal generale, il quale ha assicurato piena collaborazione nella ricerca della verità e ha speso parole di vicinanza alla famiglia Cucchi e di rispetto per il loro dolore. Speriamo che questa presa di posizione sia seguita da atti concreti che non lascino spazio più a dubbi o a ombre. E soprattutto, ci auguriamo che sia fatta giustizia, una volta per tutte.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org