Il referendum del 17 aprile chiamerà gli italiani al voto contro le trivelle in mare. Promosso da nove Regioni, i cittadini maggiorenni saranno chiamati alle urne per dire Sì o No in materia di trivellazioni nei nostri mari e, più nello specifico, per decidere o meno l’abrogazione della norma che concede di protrarre le concessioni per estrarre idrocarburi entro dodici miglia dalla costa fino alla vita utile del giacimento. Se il referendum approverà l’abrogazione, dunque con la vittoria del Sì, le concessioni termineranno alla scadenza prevista. In sostanza, si vuole limitare la durata dei permessi alla scadenza già stabilita, senza la possibilità di ulteriori proroghe, obbligando le società petrolifere a smantellare le loro piattaforme. Il quesito riguarda circa una ventina di concessioni della Edison e dell’Eni che scadranno fra il 2017 e il 2027. Si tratta di piattaforme in Adriatico (Emilia Romagna, Marche e Abruzzo), in Sicilia e nel mar Ionio (Calabria).

Votare Sì significherebbe soprattutto cambiare il futuro energetico del nostro Paese, uscire dall’energia fossile, indirizzarsi verso un’economia più verde, difendere il mare e combattere i cambiamenti climatici. Ci sarebbero tanti altri buoni motivi per voler dare un voto positivo a questo referendum, ma per maggiore chiarezza riassumiamo le ragioni del Sì in alcuni punti principali:

• Se si rinuncia alle trivelle italiane non si rinuncia a una risorsa strategica. Gli unici a guadagnare dalla situazione attuale sono i petrolieri, perché il contributo delle attività estrattive entro le dodici miglia è pari al 3 per cento dei nostri consumi di gas e a meno dell’1 per cento di petrolio, numeri alquanto irrisori, paragonati ai rischi. Importiamo e continueremo a importare energia, dunque non saranno di certo queste trivelle a portare ricchezza agli italiani.

• La vittoria del referendum cancellerebbe l’ennesimo regalo alle compagnie petrolifere alle quali la Legge di Stabilità 2016 permette di estrarre gas e petrolio senza alcun limite di tempo. Oggi non è possibile ottenere nuovi permessi entro le dodici miglia, ma nulla impedisce che, nell’ambito delle concessioni già rilasciate e ancora senza scadenza, siano installate nuove piattaforme e perforati nuovi pozzi, come nel caso di Vega B nel Canale di Sicilia e Rospo Mare in Abruzzo. Il Sì, invece, ripristinerebbe la norma precedente che prevede una scadenza temporale per ogni concessione ed eliminerebbe definitivamente il pericolo di nuove trivellazioni entro le dodici miglia. In questo modo ci si riapproprierebbe del mare come bene pubblico. Inoltre, diminuirebbe il pericolo di dannosi incidenti, dovuti al persistere in mare di piattaforme e pozzi a tempo indeterminato.

• L’Italia è un paese fragile e trivellare significa modificare delicati equilibri naturali. Diversi studi hanno dimostrato che la maggior parte della subsidenza è causata dalle estrazioni metanifere. La subsidenza è un fenomeno irreversibile, poiché una volta che la terra si abbassa non si può tornare indietro.

• Si darà più forza alle fonti rinnovabili, che attualmente coprono il 40 per cento dei nostri consumi. Sono sempre più efficienti e rappresentano la prima voce di investimento nel mondo; infatti, la tendenza mondiale è quella di promuovere l’occupazione verde. Ad esempio, se in Italia si incentivasse il biometano, si potrebbe ricavare una quantità di gas quattro volte maggiore rispetto a quello estratto nei mari entro le dodici miglia.

• Si cancelleranno i privilegi di cui godono le lobby petrolifere, poiché il 70 per cento dei titolari delle concessioni produttive oggetto del referendum non paga le royalties. L’obiettivo sarebbe eliminare questi privilegi e non continuare a svendere il nostro mare.

• Non è vero che se non estraiamo noi il petrolio lo faranno i croati (la Croazia ha smentito).

• Non è vero che diminuirà l’occupazione, visto che nessuna piattaforma chiuderà il 18 aprile e non sarà di certo il referendum a mettere a rischio i posti di lavoro del settore di estrazione di petrolio e gas, già invece in crisi da tempo.

• Puntando con decisione sulle energie pulite, si creerà altra occupazione nel settore energetico rinnovabile, cercando di raggiungere i risultati della Germania con 400mila occupati nel settore.

• Si darà un contributo alla lotta ai cambiamenti climatici. Ogni giorno si sente di ghiacciai che si sciolgono, isole che scompaiono, oceani che si acidificano. L’Italia ha firmato decine di accordi, da Kyoto all’ultimo della COP21 di Parigi, dove il governo ha sottoscritto l’impegno a contenere la temperatura della Terra entro 1,5 gradi centigradi, dichiarando anche l’abbandono dell’utilizzo delle fonti fossili. Se si continua a trivellare, sarebbe tutto inutile e incoerente.

Qualunque sarà il risultato di domenica, è sicuramente una sfida importante per tutta l’Italia, in particolar modo per il suo futuro energetico. Per questo abbiamo scelto di votare Sì e invitiamo tutti a farlo.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org