Lo scenario emerso in occasione della presentazione del “Bilancio di responsabilità sociale” tenuta dal procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, alla quale hanno partecipato avvocati, magistrati (tra cui Ilda Bocassini), il sindaco milanese Pisapia e il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, è quello di un vero e proprio rischio paralisi per quanto riguarda la procura del capoluogo lombardo.

Secondo quanto espresso da Bruti Liberati (a pochi giorni dalla pensione), infatti, le carenze del personale amministrativo, sommate a un continuo taglio della spesa, dimostrano come la scopertura si attesti intorno al 22%, percentuale di gran lunga superiore alla media nazionale (18,5%): “Si è giunti ad un punto limite”, ha affermato il procuratore, poiché, nonostante l’organico amministrativo preveda 379 unità, “in servizio ce ne sono 295” e tutto ciò potrebbe portare a difficoltà sempre maggiori e, dunque, all’impossibilità di fronteggiare la criminalità organizzata come si dovrebbe.

Proprio quello della criminalità organizzata (nello specifico la ‘ndrangheta) è stato il tema centrale del rapporto presentato dalla Dda di Milano, con a capo Ilda Boccassini, durante lo stesso evento. Secondo la Boccassini, nell’ultimo anno di attività si è registrata una vera e propria colonizzazione da parte della ‘ndrangheta nei confronti del territorio di Milano e non solo. In particolare, è apparso evidente come i clan, con base nei piccoli centri di provincia calabresi, siano riusciti a stabilirsi e a controllare prepotentemente l’intero territorio, dando vita così a una “colonizzazione al contrario”.

Infatti, “se di norma la colonizzazione prevede la superiorità economica del colonizzatore sul colonizzato”, in questo caso accade proprio l’opposto. Tutto ciò è dovuto a una “persuasiva presenza della ‘ndrangheta nel territorio lombardo” che fa sì che una “sottocultura criminosa” abbia la meglio “in aree altamente industrializzate e ricche di servizi pubblici”.

Insomma, sembra proprio che la mafia calabrese sia riuscita a impossessarsi di quelle che, secondo molti politici dei nostri tempi, sono zone pure, libere da ogni trattativa mafiosa e completamente pulite. In verità, dal momento che il rapporto afferma tutto il contrario, la presenza mafiosa in Lombardia non è certo fantascienza, né tantomeno invenzione della magistratura: la realtà, che è molto più semplice, mostra anzi come la politica abbia deciso di abbassarsi alle pretese e alle minacce della ‘ndrangheta in favore di qualche tornaconto becero e sporco che mina la sicurezza (e offende la dignità) dei cittadini che hanno votato e creduto nella politica stessa.

Che la mafia fosse presente al Nord (nonostante il “negazionismo” di tanti leghisti, amministratori e perfino giornalisti) era ormai cosa nota da tempo. Adesso, però, dopo l’ennesimo allarme lanciato, appare doveroso che si prenda davvero coscienza tutti e ci si attivi, con serietà, a partire dalle istituzioni nazionali, per mettere in campo le contromisure necessarie a ripulire tutti quegli ambiti e quei settori nei quali la mafia ha affondato le mani senza trovare resistenza in un contesto nel quale si continua a tenere chiusi gli occhi.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org