Continuiamo il nostro viaggio tra le realtà emergenti del panorama musicale italiano, presentandovi un artista che, da vero italiano, milanese per l’esattezza, ha elaborato il suo sound basandosi sugli ultimi decenni della nostra musica, unendo poi il tutto a qualcosa di più fresco, che sa di odierno e rende omaggio anche ad altri stili che si sono espansi al di là delle Alpi. Stiamo parlando della musica di Fabrizio Pollio, per il pubblico semplicemente Pollio.

Nel suo sound, Pollio mischia varie usanze compositive in un impasto sonoro che, oltre al cantautorato, che ne è la base dominante, conosce armonie e melodie proprie del pop, un po’ del folk e anche del rock alternativo leggero, quel rock pacato che non eccede. È una musica molto riflessiva, che scava dentro, grazie anche ai testi delle tracce e ad una voce molto particolare, a tratti romantica, a tratti cinica; è un tipo di musica gioiosa con quel qualcosa di malinconico sempre in sottofondo, proprio di chi nelle sue composizioni racconta principalmente esperienze di vita.

Pollio oggi ci propone un altro disco che ci esprime quanto appena descritto, un altro lavoro da inserire nel curriculum della sua ormai lunga carriera, iniziata intorno al 2000.

Il lavoro si intitola “Humus” ed è distribuito da “Maciste Dischi”: l’album si compone di nove inediti in cui Pollio ci mostra tutto il suo stile, dichiarando perentoriamente che è questa la dimensione sonora in cui la sua vena compositiva trova sfogo. Il leitmotiv che si scorge durante l’intero ascolto è sempre coerente con il suo stile, senza mai discostarsi di molto, conferendo così uniformità ad “Humus” e, al contempo, suscitando un ben determinato status mentale all’ascoltatore, il quale riesce ad immergersi ed immedesimarsi completamente nel mondo musicale narrato da Pollio.

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Manuele Foti -ilmegafono.org

La copertina dell’album “Humus”.