Un anticipo di carnevale, senza costumi particolari, semplicemente mostrando le proprie facce e lasciando salire sull’unico grande carro, piazzato nel bel mezzo del Circo Massimo di Roma, una serie di personaggi grotteschi. Il Family Day della scorsa settimana è stato una sfilata penosa, e poco contano i numeri, perché la matematica, come sempre accade in questi casi, è meno che un’opinione. Lo show degli orrori è andato in onda, preceduto da polemiche, scelte commerciali e aziendali imbarazzanti (vedi il caso di Italo treno), punzecchiature e contrapposizioni politiche, parole farneticanti. Ci è voluta molta ironia per far fronte alla bruttezza di questa manifestazione, alla violenza dei concetti espressi, all’ignoranza delle bocche che hanno famelicamente divorato i microfoni dei giornalisti che stavano raccontando l’evento. Abbiamo dovuto ascoltare di tutto, sorbirci parole indecenti specchio di logiche medievali contro cui bisognerebbe combattere aspramente. Purtroppo, però, non si esaurisce tutto nella sfilata, nel folklore tetro di un giorno di fine gennaio, perché quelle logiche ce le ritroviamo nel quotidiano, in ogni ambito.

Famiglia. Un concetto banalizzato in una maniera disarmante. Un luogo reso convenzionale sulla base di un assunto religioso spacciato per tradizione culturale o, peggio ancora, per formazione naturale. Come se le famiglie fossero scatole perfette dentro le quali basta infilare due ingredienti, con precise caratteristiche, e tutto funziona alla grande. Come se esse non fossero anche, molto spesso, delle prigioni tremende, degli inferni indicibili, dei luoghi oscuri dentro cui si celebrano tutte le peggiori ingiustizie umane, teatri di violenza e umiliazione. Certo, le famiglie sono anche luoghi sociali nei quali l’individuo trova forza e protezione, affetto, sostegno. Ma non è certo merito della composizione eterosessuale dei genitori.

Ci sono tanti tipi di famiglie, quelle allargate, quelle nelle quali magari ci sono una nonna e una mamma ad allevare un figlio, riuscendo a farlo crescere bene, altre nelle quali c’è solo il papà o solo la mamma e si dimostrano capaci di dare tutto l’affetto di cui i figli hanno bisogno, altre ancora composte da coppie omosessuali che crescono dei bambini con valori e forme di amore che sono universali. L’Italia è rimasta indietro e vive la sua omofobia di stampo religioso, un grumo di fango nel quale sono mischiate le anime peggiori della storia di questo Paese: cattolici integralisti, bigotti, neofascisti, filonazisti (d’altra parte, su molti punti, le idee di certi partecipanti al Family Day e quelle del nazionalsocialismo hitleriano si somigliano), politici bugiardi che parteggiano per la famiglia solo per elemosinare qualche voto porporato. Un fronte melmoso e compatto, nel quale frustrazioni e bugie sono il cemento di una coscienza sporca che in qualche modo si cerca di coprire artificiosamente con una bella dose di perbenismo e di apparente probità.

Il problema più grande, però, non sono loro. Non i grotteschi bacchettoni del Family Day, non i Bagnasco di turno, la chiesa, gli Adinolfi, i seminaristi d’assalto, i Brunetta o le Meloni. Il problema sono coloro che permettono, in una nazione laica, a gruppi di ispirazione religiosa (quando gli conviene) o a cardinali vari e loro lacchè, di mettere bocca su una legge dello Stato. Una legge che dovrebbe estendere, senza compromessi al ribasso, i diritti a tutti coloro che ne sono indebitamente esclusi. In obbedienza ai principi costituzionali che impongono l’uguaglianza di diritti e la rimozione di ostacoli di qualsiasi tipo al pieno sviluppo della persona. Il resto d’Europa si è adeguato, ha riconosciuto le unioni civili, la stepchild adoption, ossia l’affidamento dei bambini anche a coppie omosessuali, e non sono crollate le nazioni, non sono state distrutte le famiglie che funzionano, né ci sono aumenti del disagio giovanile dovuti alla genitorialità omosessuale.

Sicuramente c’è molto più disagio tra quei bambini che subiscono violenze nelle famiglie “tradizionali” e tra quelli che vivono abbandonati negli orfanotrofi o nelle strutture religiose, dove è spesso possibile fare esperienza di una autorità severa e spietata o di perversioni atroci. La verità è che a questo mondo non è mai importato molto dei bambini, l’Italia non è un paese che si occupa dei più piccoli, non ne ha voglia né tempo, non ci sono città nelle quali si è investito per renderle a misura di bambino. I bambini diventano centrali solo quando possono essere utilizzati allo scopo di limitare un diritto sacrosanto, che è quello all’amore, a riceverlo, darlo e celebrarlo, vedendosi riconosciuti come formazione sociale basata proprio sull’amore e sulla fiducia. Che la si chiami famiglia o meno, non importa.

Quello che importa è che due persone, che si amano e che vogliano investire il loro sentimento nella costruzione di un progetto comune e nella possibilità di crescere un bimbo riempiendolo di quell’amore, possano avere il diritto di farlo, qualsiasi sia il loro orientamento emotivo, con buona pace delle religioni, delle chiese, dei ciellini e dei neonazisti. Lo Stato italiano è uno Stato laico, libero e democratico, almeno sulla carta. Sarebbe bene che chi lo rappresenta nelle istituzioni si mettesse bene in testa che le leggi non si fanno secondo il volere delle confessioni, degli illiberali e dei fascisti. Dire che certi diritti non sono per tutti è come dire che l’acqua non è per tutti e quindi è giusto che qualcuno muoia di sete.

Non c’è libertà né giustizia se anche una sola persona è privata di un diritto sacrosanto. E questo è uno di quei casi. Dire, altresì, che i bambini che crescono con due genitori dello stesso sesso sarebbero esposti al ludibrio del popolo, alle offese e alle discriminazioni, e che quindi per il loro bene andrebbe impedito l’affidamento a una coppia omosessuale, vuol dire essere intenzionati a cedere alla malvagità, legittimare la crudeltà e l’ignoranza. Un po’ come sostenere che, visto l’aumento del bullismo nelle scuole, meglio non mandarci più i figli e negare loro l’istruzione. Un assurdo. Tipicamente da Family Day. Sarebbe ora, pertanto, che questa benedetta legge venisse approvata senza giochetti politici, cedimenti, compromessi. Perché non è solo l’Europa che ce lo chiede, ma anche la storia, la modernità di un tempo che il Medioevo, per fortuna, se lo è lasciato alle spalle da un po’.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org