Se dovessimo pensare ad una fonte economica ormai inesauribile e alla portata di tutti, la prima ipotesi da formulare è sicuramente quella dei dati: informazioni, immagini, file, parole e numeri costituiscono il vero petrolio bianco della contemporaneità, spendibile nei settori più disparati. Anche per la salvaguardia di specie protette. Tutto parte dalla definizione di Internet Of Things, in breve IOT: questo comparto della tecnologia si riferisce alla capacità degli oggetti della vita quotidiana di interagire tra loro e rendersi più smart per l’utilizzo, ottimizzando i consumi e i tempi.

Da questo assunto nasce Internet of Elephants, letteralmente “Internet degli Elefanti”, un progetto che raduna intorno a sé fotografi, analisti, programmatori, scrittori e designer, impegnati a mettere in connessione animali ed esseri umani sul web. Una sorta di grande app con la quale controllare a distanza le attività di animali a rischio estinzione quali, per l’appunto, elefanti, leoni o giraffe. Alcuni animali, seguiti mediante segnale gps sono già online, incrementando la mole di dati utile alla ricerca e alla salvaguardia delle specie.

Secondo Gautam Shah, fondatore del progetto, Internet of Elephants “può far emergere il mondo animale nel web facendo capire alle persone la sua importanza. Qui il punto non è semplicemente permettere di seguire un certo leone o un orso, ma arrivare ad avere 20 milioni di persone che la mattina quando si alzano, invece di controllare ossessivamente Facebook o Whatsapp, guardano cosa sta facendo il loro animale preferito”. Un’ambizione che va oltre l’interazione e lo stream dei social network, puntando ad un obiettivo comune ma forse dimenticato dai più. L’app racconterà storie e nel frattempo raccoglierà dati utili grazie allo stesso meccanismo dei videogame: l’interazione mediante il gioco fornirà dati essenziali sullo stile di vita degli animali, magari generando profitti per proteggere le specie.

Già nel 2014 si era pensato ad un progetto del genere: Sarah Ecclestone, dirigente di Cisco, durante un viaggio in Zambia immaginò una sinergia tra diverse tecnologie e aziende in grado di progettare e realizzare software di riconoscimento anche per gli animali, utilizzando i big data come strumento di rielaborazione.

L’obiettivo di Shah è molto più ambizioso, un mix tra logica imprenditoriale ed etica ambientale che punta a sganciare quest’ultima dalle donazioni benefiche traendo profitti dallo scambio di dati, beneficiando le associazioni che quotidianamente si prendono cura degli animali. Un flusso a doppio scambio che mette in comunicazione il mondo animale e l’impresa, una nuova etica del web che regala ai big data un ulteriore ruolo chiave per la contemporaneità.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org