Arida, assolata, incantata è la Sicilia. Dopo 30 lunghi anni è stata ultimata una delle opere di Land Art più grandi al mondo: il cretto di Burri. Quest’opera, iniziata nel 1985 da Alberto Burri, grande artista di Città di Castello, ricopre le rovine della città di Gibellina, devastata dal terremoto del 1968, ricalcando l’antico percorso viario.

Il piccolo villaggio abbandonato diviene, grazie ad un’idea di Burri, parco e monumento al tempo stesso. Esso servirà a ricordare per sempre quelle persone uccise o scacciate dalle proprie case dalla violenza della natura. Il terremoto del Belice contò più di 70 000 sfollati, circa 1000 feriti e più di 300 morti. Oggi, a 100 anni dalla nascita del maestro, la sua opera più imponente viene terminata.

Presto, ironia della sorte, inizieranno anche i restauri di quella parte del cretto che aveva realizzato Burri negli anni Ottanta. Speriamo che quest’enorme distesa di cemento di 8000 metri quadri non stia altri 30 anni in restauro e che invece diventi finalmente a pieno titolo uno dei simboli della Sicilia e della sua ricchezza.

Questo monumento silenzioso, immerso in un’arida valle, bianco come la sabbia di San Vito lo Capo, colpisce il visitatore per le sue dimensioni e per il senso di metafisico e surreale che scaturisce da questi volumi ciechi, ricordo degli edifici devastati e abbandonati.

Questa opera di Land Art ha dato inizio a esperienze similari molto conosciute, come l’Holocaust Memorial a Berlino, che Peter Eisenman ha realizzato dal 1997 al 2003. Ora, il terremoto del Belice non sarà stato altrettanto tragico, ma vi assicuro che il cretto vale bene una visita. Scherzi a parte, viva la Sicilia che lentamente evolve!

Angelo De Grande -ilmegafono.org

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