Pochi giorni fa è stato pubblicato un interessante sondaggio Demos che fotografa la percezione del fenomeno migratorio (anzi immigratorio) nel nostro Paese. O meglio, per essere più precisi, fotografa la percezione che abbiamo della relazione tra immigrazione e sicurezza. I dati sono molto interessanti. Alla domanda sul fatto che gli immigrati possano rappresentare o meno un pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico, il 41% degli italiani risponde sì. Un numero sicuramente alto, pompato dalle campagne mediatiche al limite del criminoso che condanniamo settimanalmente su queste pagine. Tuttavia emerge un risultato interessante.

Se si divide il dato per fasce d’età si riscontra che sono quelle superiori ai 35 anni che alzano la media, attestandosi al minimo al 44%. I giovani tra i 18 e i 25 anni, invece, si attestano a un 27%. Ma non c’è solo questo. Il 68% dei più giovani ritiene che l’accoglienza sia la risposta migliore, contro il 51% dei cittadini tra i 45 e i 54 anni. E sono ancora i più giovani, tra i 15-17 anni, a rispondere con la percentuale nettamente più alta sulla necessità di mantenere la libera circolazione delle persone in Europa.

I dati sono interessanti e leggibili in un unico senso. Voglio sottolineare alcune osservazioni banali ma fondamentali per capire le statistiche sulle frontiere e la percezione dei confini e delle barriere da parte dei giovani. Forse non è solo merito del web 2.0, che comunque può anche confinare fisicamente in una stanza.

Una premessa. Anche se non ci pensiamo, il mondo a cavallo degli anni ‘70-‘80 è cambiato radicalmente. La globalizzazione ha iniziato a piantare le sue radici in quegli anni, sono stati abbattuti i muri, le persone hanno cominciato a spostarsi e trasferirsi con frequenza e non in maniera definitiva come a inizio ‘900. Si viaggia, si vola con pochi soldi fuori dal proprio Paese, si studia in misura di gran lunga maggiore una lingua universale come l‘inglese, arrivano le comunicazioni di massa.

Ci sono quindi evidentemente due percezioni diametralmente opposte del mondo a seconda dell’età. Meglio, a seconda del mondo che si è conosciuto quando si cresceva.

I nati come me nel 1990 non hanno conosciuto il muro di Berlino. Non erano neanche alle medie, che potevano già comprare il gelato a Nizza con la stessa moneta con cui lo compravano a Barletta, Verona, Aosta, Palermo, Berlino, Madrid, Lisbona e così via. Ancora un’altra cosa: l’Erasmus. Ben 37.861 studenti italiani in Erasmus nel 2014, (vedi i dati qui), come se una cittadina di medie dimensioni vivesse una fetta della propria vita da italiano all’estero, ogni anno. Quanti hanno amici stranieri? Quanti studiano, giocano, crescono e lavorano con persone che non sono nate in Italia?

Il mondo è cambiato e, evidentemente, la percezione è che le barriere non servano proprio a nulla. Basta conoscersi per capirlo. In un Paese vecchio è una speranza da stolti, ma, forse, ancora una volta, l’umanità è davvero più forte della stupidità e dei muri.

Penna Bianca -ilmegafono.org