Non è detto che tutti i pesticidi dannosi utilizzati su frutta e verdura commercializzate siano illegali. A rivelarlo è il rapporto “Stop pesticidi”, presentato a Expo nell’ambito del primo raduno degli ambasciatori sul territorio. Non tutte le sostanze in questione, infatti, risultano registrate agli elenchi dei campioni individuati come illegali e, dunque, fuori legge. Pur nocivi, infatti, non possono essere banditi, almeno per ora. Secondo le stime Eurostat, l’Italia è in cima alle classifiche europee per il consumo di molecole chimiche per l’agricoltura, ma, per converso, sembra che nel periodo tra il 2010 e il 2013 siano aumentate del 23% le superfici coltivate con metodo biologico.

Tra i prodotti agricoli soggetti a trattamento chimico, soltanto lo 0,7% dei prodotti analizzati nei laboratori regionali risulta essere fuorilegge. Degli oltre 7100 campioni analizzati, il 42% risulta contaminato da sostanze chimiche, mentre il multiresiduo, che consiste nella compresenza di più residui chimici, è passato dal 17,1% del 2012 al 22,4% del 2014, un salto in avanti che desta non poche preoccupazioni. Tra i pesticidi più utilizzati si ricordano il fosmet, il dimetoato, l’iprodione, il captano, il boscalid, il clorpirfos e l’imidacloprid, che, combinati insieme, offrono un mix non sempre rilevato dalle analisi in laboratorio. Il numero di campioni senza alcun residuo chimico è drasticamente calato rispetto al 2012: da una percentuale del 64% si è passati al 58%, nonostante l’aumento di terreni a coltura biologica.

Le analisi effettuate nelle diverse regioni italiane mostrano svariati punti di criticità, sia a Nord che a Sud. La Puglia, ad esempio, mostra percentuali di sostanze chimiche assai elevate nei campioni d’uva e su un prodotto analizzato sono state rilevate quindici sostanze attive, in particolare su fragole e pere. Nel Friuli Venezia Giulia, un campione di vino fa rilevare circa sette residui, mentre nella provincia di Bolzano si registrano sostanze chimiche attive su quasi la metà dei campioni analizzati: su trentasette vini analizzati, vi sono prodotti doc locali con picchi di otto residui. E ancora, in Emilia Romagna si attestano undici irregolarità su campioni di pere, uva da vino e clementine trattate con sostanze non più autorizzate nel nostro paese. Anche in Liguria le produzioni tipiche mostrano alcune incongruenze: su campioni di basilico sono stati ritrovati sette residui chimici.

L’aspetto più significativo dell’intera questione è la presenza di agenti chimici anche sui tanto conclamati prodotti locali, che, al contrario, dovrebbero essere genuini e protetti dal fattore tradizione. È opportuno guardarsi bene dall’accusare i soli prodotti importati e osservare più attentamente il nostro orticello, è il caso di dirlo.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org