Dalla Danimarca arriva una notizia che non farà di certo piacere ai fashion victim. Secondo un’indagine condotta dall’Agenzia Danese per la Protezione Ambientale, la produzione di una normale ed economica t-shirt costerebbe all’ambiente circa 22 corone, ossia 2,95€, tradotti in acqua, fertilizzanti e risorse energetiche necessari a produrla. Quindi, in termini pratici, la filosofia del fast fashion tipica della moda low cost comporterebbe prezzi ambientali che a lungo andare provocheranno danni non esattamente sostenibili. Il governo danese ha invitato i suoi cittadini ad optare per un abbigliamento più duraturo e “riciclabile”, puntando sulla qualità dei tessuti.

Il report in questione è stato presentato in occasione del forum “Global Green Growth” che ha fornito ulteriori dati sul rapporto dei danesi con il proprio abbigliamento: si calcola che il popolo nordico consumi circa sedici chilogrammi annui di vestiti, pari a un dispendio energetico e ambientale di oltre tre miliardi di corone, equivalenti a 400 milioni di euro. Secondo Kirsten Brosbol, ministro dell’Ambiente, tutto ciò che serve a produrre un capo d’abbigliamento ha un impatto negativo sull’ambiente, dai tessuti alle chiusure lampo, dai pesticidi alle emissioni di CO2 derivate dalla lavorazione industriale.

Il quadro diventa ancor più delicato se si considera che circa l’83% dei capi d’abbigliamento indossati dai danesi proviene dai paesi in via di sviluppo, non esattamente virtuosi in fatto di politiche ambientali. Gran parte dei cartellini, infatti, recano la provenienza di Cina, Turchia, India ed altre economie emergenti, in perenne lotta con le organizzazioni mondiali in difesa del clima. La maggior parte delle industrie locali, infatti, si serve ancora di combustibili fossili, banditi da numerosi protocolli internazionali.

L’invito del ministro Brosbol, dunque, ha come mission principale quella di caricare i cittadini di responsabilità e doveri nei confronti dell’ambiente, perché “ciascuno può fare qualcosa per proteggere l’ecosistema”.  Insomma, gli amanti delle catene e dei franchising dai prezzi favolosi sono avvertiti: una maglietta poco dispendiosa può costare caro al nostro futuro.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org