L’ultimo vertice europeo a Bratislava ha offerto un altro indizio preoccupante di un’Europa ridotta politicamente ai minimi termini. Un declino che dura da tempo e che la Brexit ha solo reso più evidente. Un declino che, oggi, su un tema come quello dell’immigrazione, somiglia più a una resa o a una triste agonia. Non risparmia nessuno, nemmeno coloro i quali provano a uscirne con la coscienza pulita. L’Europa non si muove, i buoni propositi espressi all’indomani di ogni tragedia, quando bisognava necessariamente fingersi più umani, non sono mai diventati una strategia d’azione.

Anzi. Si è sempre andati nella direzione opposta, come dimostrano gli accordi indecenti con la Turchia, l’ottuso, ripetuto rifiuto di modificare la normativa di Dublino sul diritto d’asilo europeo, oltre agli odiosi muri che sono sorti, stanno sorgendo e sorgeranno. Se non fosse stato per la Marina italiana, per la Guardia Costiera, per chi ha dato l’esempio ribadendo che in mare l’unica legge alla quale obbedire è quella che impone di salvare vite umane, l’UE non avrebbe inviato nemmeno un motoscafo sul Mediterraneo. Questo è l’unico merito dell’Italia, ma non può diventare un alibi che ripulisce la coscienza. Perché la coscienza pulita, su questo tema, non ce l’ha nessuna nazione.

L’indifferenza spietata delle istituzioni europee e dei singoli stati è una delle ragioni per cui si continua a morire, in mare come in Turchia, ai confini (chiusi) con la Siria o nei campi profughi dove sono stati ammassati al freddo migliaia di esseri umani, nei cassoni dei camion o in mezzo alla strada. La stessa indifferenza che compie atti disumani nei confronti di coloro i quali approdano qui e finiscono nei centri-lager (che tanto fanno arricchire gli affaristi di ultima generazione) o rimangono impigliati nelle maglie dello sfruttamento e del caporalato o diventano vittime delle reti criminali che trafficano esseri umani e condannano donne e minori alla prostituzione.

La cittadinanza è un miraggio, non solo per i migranti cosiddetti economici, rispetto ai quali c’è totale disinteresse oppure ostilità, ma anche per i richiedenti asilo, i quali in teoria dovrebbero ottenere accoglienza più facilmente, dal momento che esistono degli obblighi internazionali riguardo ad essi. E invece nulla. L’accoglienza pullula di esempi negativi, di ingiustizie perpetrate ai danni di migranti che hanno l’unica colpa di essere vittime di un clima pompato politicamente. Perché è tutta politica la questione, se è vero che, parlando freddamente con i numeri, non esistono ragioni economiche e sociali che giustifichino atteggiamenti di chiusura.

Senza entrare nella dimensione della filantropia o dell’umanità, aspetti troppo nobili per tempi bui come i nostri, tutti gli studi e i dati dimostrano che l’accoglienza comporta vantaggi economici, previdenziali, demografici, sociali. L’immigrazione è una ricchezza per i paesi che accolgono. Se avessimo avuto atteggiamenti di chiusura come quelli attuali, l’Europa sarebbe incancrenita, più vecchia e più povera. Il Pil prodotto dai migranti, l’impulso alla crescita demografica e allo svecchiamento delle popolazioni, sono indicatori che dovrebbero spingere a un’apertura affiancata da una gestione virtuosa del fenomeno. Al contrario, viviamo in un contesto chiuso e rozzo, dove la gestione diventa business incontrollato, bacino amplissimo per sfruttatori di ogni sorta.

Anche la sicurezza, ossia il tanto paventato rischio che la presenza dei migranti comporterebbe, è una bugia smentita da tutti i dati. Non esiste infatti alcun indicatore che confermi l’equazione immigrazione=aumento della criminalità. Ma a qualcuno fa comodo farlo credere. Perché? Semplicemente perché un capro espiatorio sul quale scaricare tutte le nostre pochezze serve: a chi governa (male) le nazioni, per nascondere le proprie mancanze; a chi fa affari, così da ridurre ancor più il sistema dei diritti e poter sfruttare con maggiore tranquillità masse di esseri umani percepiti come reietti; ai cittadini, per sentirsi più bravi, belli e buoni di quel che credono e per difendere egoisticamente il proprio benessere.

Ecco perché i governi europei sono inerti e indifferenti. Perché hanno ammaestrato la pancia del popolo per costruire logiche e carriere politiche e hanno bisogno di continuare ad ammaestrarla per mantenere lo status quo e restare al potere. L’avanzata populista è stata semplice, perché non ha trovato, all’opposto, leader illuminati capaci di uscire da questa logica o da un moderatismo appiccicoso e stantio che non ha il coraggio di prendere una posizione di rottura. L’establishment progressista europeo, allo stesso modo di quello italiano, ha ripiegato su uno schema conservatore per codardia, per non rischiare di perdere voti, consensi, potere.

Questo è il risultato di una politica che non educa più il popolo, non lo aiuta a capire o maturare, ma si limita a incattivirlo e poi coccolarlo, con la faccia colpevole, lasciando che siano i suoi istinti a stabilire la rotta. Il popolo chiede, minaccia e la politica obbedisce. E sbaglia. Come fa anche Renzi che, se da un lato ha ragione a ribadire che l’Italia continuerà a salvare vite sul mare (e ci mancherebbe!), dall’altro dovrebbe sapere che, se a Foggia o in altri centri-lager accadono certe vergogne, la colpa non è di altri ma sua e del suo governo.

Dovrebbe anche sapere che la sua proposta di fare accordi con i paesi africani non è meno squallida dell’indifferenza europea, se poi quegli accordi vengono fatti sempre a scapito dei migranti, dei più deboli, con governi carogna, come nel caso dell’accordo sottoscritto dal nostro ministro Gentiloni con il dittatore del Gambia. Nessuno, alla fine, è immune dal giudizio negativo che la storia darà. Nessuno dei leader attuali in Europa avrà un albero piantato alla memoria nel giardino dei giusti. Nessuno di loro ha la coscienza pulita. Sempre a patto che una coscienza ce l’abbiano davvero.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org