Ai confini dell’Europa, in un mondo che però appare lontano anni luce, si sta consumando una delle vicende più atroci degli ultimi tempi in fatto di violazione dei diritti umani. Siamo in Cecenia, una terra già dilaniata da sanguinosi conflitti interni, che fa i conti con l’ennesimo bagno di inciviltà: più di cento uomini sono stati brutalmente torturati perché sospettati di essere omosessuali o non conformi ad un tipo di affettività definita convenzionale. Ma non finisce qui: i loro telefoni sono stati sequestrati così da non poter rintracciare anche eventuali amici conformi al medesimo stile di vita; insomma, una vera e propria persecuzione che ci riporta tristemente alla memoria di tempi bui che oggi si mostrano prepotentemente sui nostri schermi e notiziari.

I fatti risalgono allo scorso febbraio, quando un uomo è stato arrestato a causa di un’immagine sul cellulare a sfondo omosessuale. Le autorità cecene hanno così iniziato ad indagare tra i suoi contatti, dando inizio a una ridicola caccia all’uomo che ha allarmato la “Russian LGBT Network”, l’unica associazione del territorio che si batte per i diritti della comunità LGBT. L’associazione ha reso note le atrocità mediante la testata “Novaya Gazeta”, e i racconti emersi fanno rabbrividire: le persone catturate sarebbero state sottoposte ad elettroshock ai genitali, costrette a sedersi su bottiglie di vetro, oltre ad essere malmenate anche fino alla morte. I comunicati ufficiali attestano tre vittime, ma i sopravvissuti sono tutt’altro che fuori pericolo: il governo ceceno ha infatti autorizzato il “delitto d’onore”, con il quale i parenti dei sospettati hanno il diritto di uccidere gli accusati.  

Le fonti più sensazionalistiche parlano addirittura di campi di concentramento in cui i sospettati sarebbero stati rinchiusi, ma al di là della fondatezza o meno di questa notizia, è già sufficiente ascoltare i racconti delle organizzazioni che mostrano le terribili violenze di cui sono vittime gli omosessuali in Cecenia. I sopravvissuti hanno raccontato le loro testimonianze alle uniche voci libere della stampa locale, rischiando peraltro nuove ripercussioni anche su familiari e amici: da quanto emerge dai racconti, infatti, nella mente delle autorità cecene anche i contatti telefonici dei sospettati sono automaticamente incriminati e perseguitati perché simili a loro.

La situazione è piuttosto delicata, anche da un punto di vista mediatico: il rischio di trasformare una pesante violazione dei diritti umani in un fenomeno per raccogliere click è davvero dietro l’angolo (molto interessante in proposito leggere un articolo pubblicato su un blog qualche giorno fa: clicca qui).

In tal senso possono ricoprire un ruolo essenziale le istituzioni internazionali, che farebbero da garanti sulle informazioni fornite: “Le istituzioni potrebbero innanzitutto verificare se questi campi di rieducazione esistono e nel caso fare pressioni a livello diplomatico e nelle sedi istituzionali – commenta Alessandro Golinelli, intellettuale e militante per i diritti civili e contro la pena di morte – ma togliamoci ogni illusione: soprattutto in questo caso, non possono fare un granché, nel senso che la situazione geopolitica attuale è troppo intricata e complessa, specie da quelle parti, perché la diplomazia sia efficace. E tutti sappiamo come la questione dei diritti umani violati si intersechi con affari, economia, commerci, che vengono ritenuti prioritari in seno alle società occidentali”.

Nonostante le difficoltà un barlume di speranza potrebbe esserci e lo si deve cercare proprio nelle organizzazioni ed istituzioni internazionali: “Nella pratica di militante GLBT e contro la pena di morte – continua Golinelli –  ho sperimentato anche campagne vittoriose, se sostenute dalla società civile. La globalizzazione delle informazioni comporta che, anche in molti paesi dove la repressione contro i gay è sempre stata feroce, ci siano militanti che rivendicano diritti, avendo saputo che è possibile ottenerli”.

“Spesso – prosegue – accendere un faro su queste organizzazioni a livello internazionale serve ad aiutarle a non essere soppresse. Ho avuto anche esperienza che da parte di molti paesi occidentali, compresa l’Italia, negli ultimi tempi l’attenzione ai diritti GLBT è posta in rilievo nell’agenda diplomatica, naturalmente con Stati dove è per lo meno possibile accennarne. Ho lavorato con associazioni GLBT tunisine e pur con grandi difficoltà qualche piccolo risultato a livello legale lo abbiamo portato a casa. Ma è durissima”.

Il clima che si respira in Cecenia è lo stesso dei peggiori regimi dittatoriali, dove vigono terrore, persecuzioni, oppressione e non ultimo, il negazionismo: Alvi Karimov, portavoce del governatore Ramzan Kadyrov afferma che in Cecenia non esistono omosessuali, se esistessero, i familiari li avrebbero già spediti molto lontano. Un modo di pensare che non è affatto nuovo, come chiarisce Alessandro Golinelli: “Era lo stesso atteggiamento dell’ex premier iraniano Ahmadinejad, che a una domanda di uno studente americano sui diritti GLBT in Iran aveva dato la medesima risposta. Purtroppo c’è anche del vero nelle parole del portavoce del governo, quando sostiene che i gay vengono uccisi dalle loro famiglie. O, come avviene spesso in Iran, una famiglia denunci l’amante del figlio come stupratore, condannandolo praticamente a morte”. 

Perseguitare i gay è un atteggiamento che spesso provoca consensi, come accade nella Russia di Putin e in molte repubbliche islamiche, ma le lotte per i diritti civili stanno diventando realtà tangibile in molti paesi.  Il tema, secondo lo storico militante dei diritti LGBT, si sta espandendo a macchia d’olio “grazie alla globalizzazione culturale, sebbene a diverse velocità. Si sbatte contro un muro però nei paesi islamici, in Africa, tranne che nella Repubblica Sudafricana addirittura pioniera in tal senso, e in quasi tutta l’Asia. Però se ne parla ormai diffusamente anche in TV in Tunisia e in Marocco, per esempio, ci sono state manifestazioni in Uganda, Senegal, Ghana. In India addirittura vanno e vengono nel senso che si fa prima una legge a tutela dei gay poi la si abolisce, e così via. Ondivaga è anche la Cina”.

La lotta prosegue ovviamente tra luci ed ombre, come ci spiega Golinelli, a conclusione della nostra intervista: “Nello stesso tempo, però, maggior visibilità esaspera anche gli avversari e causa campagne denigratorie, spesso violente, in humus culturali, sociali, politici e religiosi già fortemente omofobi. Così in altri paesi la pressione repressiva è addirittura aumentata”.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org