La settimana appena trascorsa resterà sicuramente negli annali della cronaca per diverso tempo: se da un lato, infatti, le prime pagine di tutti i giornali del mondo sono state impiegate nel racconto del triste evento di Manchester, quelle italiane hanno dovuto occuparsi, ancora una volta, anche di mafia, e non solo per via dell’anniversario della strage di Capaci. La Sicilia, infatti, torna a far parlare di sé: a Palermo si è tornato a sparare e a uccidere per strada, come avvenuto con l’omicidio in pieno giorno del boss Dainotti.

Ma c’è un’altra notizia, che riguarda un fronte molto importante, ossia il caso Attilio Manca, urologo messinese trovato morto a Viterbo nel 2004. In questi giorni abbiamo registrato l’ennesima, accorata richiesta di giustizia di Angela Gentile, madre di Attilio. Del caso Manca abbiamo parlato più volte nel corso degli ultimi anni e lo abbiamo fatto sempre con lo stesso intento e con la solita speranza: che la verità possa venire a galla una volta per tutte, che si riesca a scoprire chi commise l’omicidio del medico messinese, quando esso fu deciso e perché.

Fino ad oggi, infatti, la storia che aleggia attorno al caso Manca è tutto fuorché chiara: la magistratura non ha mai indagato fino in fondo e persino esponenti importanti dell’antimafia hanno dimostrato una sorta di indifferenza alla questione stessa. Comunque la si metta, una cosa è più che certa: Attilio Manca venne ucciso qualche tempo dopo aver effettuato, a Marsiglia, in Francia, l’operazione alla prostata su Bernardo Provenzano, boss storico di Cosa nostra e all’epoca latitante.

All’alba dell’omicidio compiuto a Viterbo, i magistrati archiviarono il caso come un suicidio causato da un mix di droga e farmaci; la famiglia Manca, dal canto suo, ritenne sin dal primo momento improbabile una cosa del genere e fu lì che iniziò la battaglia che ancora oggi porta avanti, una battaglia che ha come unico scopo quello di ridare dignità a un uomo e medico per bene, apprezzato da tutti e la cui unica colpa sarebbe stata quella di diventare un testimone scomodo senza la sua volontà.

Sì, perché di questo Angela è convinta: qualcuno avrebbe ucciso suo figlio poiché, curando lo stesso boss Provenzano, sarebbe venuto a conoscenza di qualcosa che non avrebbe dovuto sapere. A distanza di diversi anni, Angela Manca non si è arresa e ha deciso di inviare, attraverso la propria pagina Facebook, un appello a Saveria Benedetta Palazzolo, vedova dell’ex boss mafioso: “In qualità di moglie di Bernardo Provenzano, è l’unica che mi potrebbe aiutare a cristallizzare la verità sulla morte di mio figlio; lo faccia per i suoi figli, per la sua coscienza, per chi da decenni aspetta un briciolo di verità”.

“Signora”, si legge nella nota, “noi stiamo lottando con tutte le nostre forze per ridare dignità a nostro figlio; quella dignità che hanno cercato di togliergli assieme alla vita”. “Confido – ha poi concluso – nel suo cuore di madre, che sicuramente comprenderà il dolore che ho per la perdita di un figlio, ma soprattutto l’impotenza di potergli rendere la giustizia che merita”.

Chissà se dall’altra parte verrà recepito un messaggio del genere; chissà se il cuore di una donna di mafia cederà alla dolce tentazione di far del bene in nome di un figlio, di un’anima spezzata ingiustamente, senza alcuna colpa. E chissà, infine, se qualcuno tra la magistratura, l’antimafia e persino esponenti della politica nazionale decideranno di rispolverare la memoria di un uomo tanto sfortunato quanto dimenticato; la speranza è che qualcuno abbia una coscienza tanto forte e pulita da voler, una volta per tutte, scoprire davvero quanto accaduto ad Attilio.

Giovanni Dato -ilmegafono.org