Secondo il rapporto “The Human Cost of Weather Related Disasters”, pubblicato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione dei rischi delle catastrofi, le calamità naturali sempre più frequenti hanno fatto registrare 606 mila morti negli ultimi venti anni (ovvero la media di 30mila all’anno) e circa 4,1 miliardi di feriti, che hanno perso la loro casa o che hanno avuto bisogno di un intervento di urgenza. A rivelarlo è proprio l’Onu alla vigilia della Cop21 (che si terrà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre), in cui, alla luce di questi dati, diventerà ancora più importante perseguire l’obiettivo di far adottare a 195 Paesi un accordo mondiale per frenare il riscaldamento globale del pianeta: si tratta di contenere la temperatura a due gradi centigradi rispetto all’era pre-industriale.

Circa il 90 per cento delle catastrofi sono state causate spesso da fenomeni legati al clima, come inondazioni, tempeste e siccità. Dai dati forniti emerge infatti che le inondazioni hanno rappresentato il 47 per cento dei disastri climatici tra il 1995 e il 2015 e hanno interessato 2,3 miliardi di persone; anche se meno frequenti, le tempeste hanno rappresentato il 40 per cento, dimostrandosi le più letali, con 242 mila decessi causati; infine, le ondate di caldo hanno provocato 148 mila vittime. Nonostante i continui sforzi e tentativi di risolvere, o quantomeno di attenuare, il problema, l’Onu ha rivelato che questa progressione potrebbe continuare nei prossimi anni, poiché gli scienziati non hanno ancora individuato quale sia l’effettivo legame tra l’aumento di questi fenomeni e i cambiamenti climatici.

“I cambiamenti climatici, la variabilità del clima e gli eventi meteorologici sono una minaccia per il raggiungimento dell’obiettivo di eliminare la povertà dei Sustainable development goals (Sdgs). Dobbiamo ridurre le emissioni di gas serra e affrontare altri fattori di rischio come lo sviluppo urbano non pianificato e i gap negli allarmi preventivi. Tutto questo richiede di assicurarci che le persone siano informate del pericolo e il rafforzamento delle istituzioni che gestiscono il rischio di catastrofi”, ha dichiarato Debarati Guha-Sapir, a capo del Cred.

Infine, bisogna sottolineare il fatto che la maggior parte di queste tragedie avviene nei Paesi a basso reddito, causando perdite finanziarie di circa 1,8 miliardi di euro, che costituiscono una grande sfida per il loro stesso sviluppo. Pertanto, è fondamentale diminuire le cause principali del riscaldamento globale per poter migliorare l’urbanizzazione dei loro territori e, di conseguenza, prevenire il degrado ambientale. Sicuramente l’Asia è il continente più colpito: Cina e India, infatti, sono le nazioni più toccate in termini di popolazione, seguite da Bangladesh, Filippine e Thailandia; ma altrettanto coinvolti sono anche gli Stati Uniti, il Brasile, l’Etiopia e il Kenya.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org