Altre 116 persone sono morte questa settimana in un “incidente” aereo avvenuto in una zona di guerra. Dopo la tragedia dell’aereo di Malaysia Airlines abbattuto da un missile, il 17 luglio scorso, mentre sorvolava i cieli ucraini, giovedì mattina è scomparso dai radar un altro velivolo, operato dalla compagnia di bandiera algerina Air Algerie. Ieri sono state diffuse le prime foto dell’incidente: l’aereo con a bordo 116 persone si è letteralmente “polverizzato al suolo” nella regione di Tilemsi, a 70 chilometri da Gao, nel nord del Mali, in un’area dove da mesi si combatte una delle tante guerre “dimenticate” dell’Africa.

Nel nord del Mali, da oltre un anno ci sono continui scontri, in particolare tra i tuareg del Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad (Mnla) e l’esercito governativo. La situazione è estremamente preoccupante, come riferiscono le agenzie umanitarie.  A Kidal, nel nord-est del paese, i combattimenti tra i tuareg e i militari governativi hanno causato esodi forzati, con un numero ristretto ma crescente di persone in fuga verso il sud o nei paesi limitrofi. Più volte, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha denunciato la situazione di insicurezza e instabilità nel nord del Mali e la presenza di decine di sfollati maliani nei paesi vicini come Niger, Mauritania e Burkina Faso.

Ed è proprio da Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, che proveniva l’aereo precipitato il 24 luglio scorso. L’attuale situazione del Sahel è la diretta conseguenza del conflitto in Libia conclusosi con la morte di Muhammar Gheddafi. Molti miliziani e mercenari africani che hanno combattuto con il defunto colonnello hanno abbandonato la Libia per fare ritorno ai paesi d’origine, destabilizzando la già precaria situazione di sicurezza interna. La Libia stessa è teatro di conflitti tribali che solo nell’ultima settimana hanno provocato oltre 50 vittime.

Come la Libia, il Mali è un paese ricco di risorse naturali: petrolio e uranio che negli ultimi anni hanno attratto l’interesse di importanti multinazionali, come British Petroleum e Total.  Questo è uno dei motivi principali per cui l’ex colonia francese è diventata teatro di una guerra “internazionale” nel gennaio dello scorso anno, quando la Francia ha deciso di intervenire militarmente nel paese, sotto l’auspicio dell’Onu.  Il Mali possiede anche estesi giacimenti di bauxite, minerale da cui si ricava l’alluminio e potrebbe diventare presto il maggior esportatore di bauxite dell’Africa, superando la Guinea Conakry. Nelle attività di esplorazione nello stato africano sono coinvolte società francesi, britanniche, statunitensi, canadesi, australiane, nonché algerine. 

La notizia dell’intervento francese aveva suscitato polemiche forti a livello internazionale lo scorso anno, ma pochi mesi dopo vi si sono uniti altri paesi il cui contributo ha consentito al governo maliano di mantenere il controllo sulla capitale Bamako e sulla maggior parte del territorio nazionale. I riflettori però si sono spenti quasi subito sulla situazione nel nord del paese africano che rimane drammatica per milioni di civili.

G.L. -ilmegafono.org