C’era una volta un cavaliere di nome Astolfo che, per riprendere il sennò, andò a cercarlo sulla luna. Giocando con i sensi magici, profondi, di questa opera dell’Ariosto, gli Astolfo sulla Luna scrivono “un disco senza pretese gettato in pasto a chiunque per vedere l’effetto che fa”. E direi: finalmente. Finalmente, dicevamo, senza pretese per ritrovare quello spirito autentico da incazzatura e concerti finiti senza voce. Lo stile parlato sulla musica ricorda quello dei Massimo Volume, con le parole urlate con grinta che non devono e non possono passare per corde intonate. Esplodono su sfondi di suono su cui contrastano come nuvole nere su un cielo azzurro. Leggono, indottrinano, rapiscono, si incazzano.

La voce poi, di donna, rende tutto questo più magico, più denso, più sentito. Come una Medea in preda alla frustrazione, alla rabbia cieca dei sentimenti, una ragazza parla e colpisce, atterra, schiaffeggia, rapisce come solo la donna sa fare. Degno di nota un passaggio di Nient’altro che un buco vuoto nel quale si agitano le ombre delle mie passioni: “Tendo le mani e non incontro che te, sempre te come uno sputo sul mio viso. Te nel chiarore splendido e dolce delle stelle. Te in una sera come questa. Te che odio. Te che sei per me una ferita che vorrei strapparmi di dosso con le unghie perché il sangue infetto possa sgorgare con la vita a fiumi”.

Il bello di questo gruppo è che non è assolutamente di facile ascolto. Forse nel nome che questo gruppo ha scelto c’è un po’ la chiave dei loro testi. Una coscienza benigna che ti sveglia nel sonno a ridarti le tue emozioni e il tuo senno. Una coscienza che è andata lontano, ha letto libri, poesia, è esperienza. E parla con termini forti, crudi, sanguinanti. Di un sangue non fine a se stesso ma sacrificio di emozioni. Disco sensuale, nel senso di “senso” e “sesso” insieme, inusuale, sentito. Degli Astolfo sulla Luna ci piacciono le parole, i contrasti, la forza di quello che dicono. È come ascoltare una spettacolo teatrale da tragedia greca, punto più alto di poesia ed emozione.

Nel contempo esordiscono con questo disco di 5 tracce (“Moti Browniani” si intitola) per un totale 18 minuti e ce lo regalano, così, senza impegno. Questo dovrebbe essere lo spirito più alto di quest’epoca, in cui molti gruppi suonano e trovano su internet e su siti come il nostro uno spazio per farsi conoscere. Uno spirito che non comporta alcuna presuntuosità né spocchia. Gettarsi in pasto al pubblico e vedere l’effetto che fa, muoversi dentro i gusti, innovare, dire la propria, farsi sentire. Tutto ciò adesso è possibile, basta averne la voglia e lo spirito adatti. L’unico problema è rimanere nella cerchia di amici, a qualcuno non dispiace, a noi piacerebbe che questo gruppo sulla luna ci andasse davvero, magari a cercare le vostre orecchie per suonarci dentro.

Penna Bianca –ilmegafono.org